Dalla lettura del Testo I si comprende che:

TESTO I - BRANO SAGGISTICO

Brano tratto da Alberto Piazza, La razza: un'invenzione del razzismo. In Odissee, diaspore, invasioni, migrazioni, viaggi e pellegrinaggi, a cura di Guido Curto, Novara, Libreria Geografica, 2017, pр. 20-21.

[1] La genetica umana, oggi assai sofisticata, ha dimostrato che la diversità biologica tra due individui qualsiasi della nostra specie è dovuta per l'85% al fatto che appartengono appunto alla stessa specie, e per il 10% al fatto che la loro origine geografica si colloca in continenti diversi: pertanto la differenza del colore della pelle, che più di ogni altra ha alimentato lo stereotipo razziale, occupa nello spettro della diversità biologica una frazione minima.

[2] A questa frazione tuttavia è stato associato il massimo valore sociale e culturale perché il nostro occhio è capace di distinguere differenze di colore e di forme, ma non differenze in sequenze di DNA, ben più determinanti nella nostra vita biologicа.

[3] È comunque necessario interrogarsi sul motivo per cui lo stereotipo della razza è così difficile da estirpare. Alla stessa comunità scientifica va attribuita una parte di responsabilità, ormai ampiamente documentata, almeno per quel che riguarda le generazioni passate.

[4] Permane però una contraddizione tra l'evoluzione biologica, che premia la variabilità e la diversità (la sola che permette la sopravvivenza come specie), e l'evoluzione sociale, che invece premia l'omogeneità quale garanzia di conservazione della struttura sociale esistente, la possibilità di identificarsi in un gruppo di uguali per potersi meglio riconoscere rispetto ad altri gruppi.

[5] In questa tensione dialettica gli studiosi di genetica sono chiamati a dare il loro contributo almeno per sgombrare il campo da illazioni pseudo-scientifiche e per chiamare le cose con il loro nome. Nel 1959 il grande filologo Gianfranco Contini individuò brillantemente l'etimologia della parola razza nel francese antico haraz, "allevamento di cavalli, deposito di stalloni" di cui è rimasta in italiano l'espressione "cavallo di razza".

[6] Sarebbe auspicabile restituire il termine alla sua etimologia originaria: la razza si addice all'allevamento di animali selezionati, e non all'uomo, su cui influisce la selezione naturale ma non quella artificiale.

[7] Se è vero che la comunità scientifica è oggi concorde nel rifiutare la suddivisione della nostra specie in "razze" basate su falsi argomenti biologici, è altrettanto vero che il razzismo esiste, e che negare il suo fondamento scientifico non è un'arma efficace per combatterlo. Per lo più, le definizioni di "razzismo" si basano sulla diversità biologica (che effettivamente esiste) per giustificare una gerarchia tra gli individui che potrebbero addirittura avere una origine genetica, cioè essere innata.

[8] Da un punto di vista biologico, la verità è che oggi sappiamo troppo poco sulla determinazione genetica del comportamento umano per indicare i meccanismi biologici e culturali che ne influenzano le regole.

[9] Da un punto di visto sociale, questa definizione di razzismo mette in luce la contraddizione tra il concetto di uguaglianza quale principio universale, proclamato come non discriminatorio dalla maggior parte delle Costituzioni moderne (è il caso dell'art. 3 della nostra Costituzione) e la realtà della diversità: di qui l'aspirazione a veder riconosciuto il diritto di ognuno alla differenza sia biologica sia culturale. [...]

[10] Alla radice del problema del razzismo sta la risposta a un problema più fondamentale che la scienza da sola non può risolvere: dobbiamo augurarci una società culturalmente omogenea oppure una società multiculturale?

[11] La natura, e forse anche la cultura, ci hanno indicato che le strategie miste forniscono maggiori vantaggi.

[12] Se è vero che entrambe le affermazioni: 1) tutti gli individui sono uguali, 2) tutti gli individui sono diversi, conducono a pregiudizi cui può attingere l'ideologia razzista, è compito di chi si occupa di scienze biologiche, sociali e politiche indicare le armi educative con cui combattere tali pregiudizi.