Nel Testo II, in «Gli sedeva a destra la sorella Sidora, pallida e aggrottata, con gli occhi acuti adirati e sfuggenti sotto il fazzoletto di seta nera che teneva sempre in cаро» [3], l'aggettivo 'aggrottata' significa:

TESTO II - BRANO LETTERARIO

Brano tratto da Luigi Pirandello, L'esclusa, parte prima, Milano, Mondadori, Meridiani, 1973, pp. 5-6.

[1] Antonio Pentàgora s'era già seduto a tavola tranquillamente per cenare, come se non fosse accaduto nulla.

[2] Illuminato dalla lampada che pendeva dal soffitto basso, il suo volto tarmato pareva quasi una maschera sotto il bianco roseo della cotenna rasa, ridondante sulla nuca. Senza giacca, con la camicia floscia celeste, un po' stinta, aperta sul petto irsuto, e le maniche rimboccate sulle braccia pelose, aspettava che lo servissero.

[3] Gli sedeva a destra la sorella Sidora, pallida e aggrottata, con gli occhi acuti adirati e sfuggenti sotto il fazzoletto di seta nera che teneva sempre in capo.

[4] A sinistra, il figlio Niccolino, spiritato, con la testa orecchiuta da pipistrello, sul collo stralungo, gli occhi tondi e il naso ritto. Dirimpetto era apparecchiato il posto per l'altro figlio, Rocco, che rientrava in casa, quella sera, dopo la disgrazia.

[5] Lo avevano aspettato finora, per la cena. Poiché tardava, s'erano messi a tavola. Stavano in silenzio tutt'e tre, nel tetro stanzone, dalle pareti basse, ingiallite, lungo le quali correvano due interminabili file di seggiole quasi tutte scompagne. Dal pavimento un po' avvallato, di mattoni rosi, spirava un tanfo indefinibile, d'appassito.

[6] Finalmente, Rocco apparve sulla soglia, cupo, disfatto. Era uno stangone biondo, di pochi capelli, scuro in viso e con gli occhi biavi, quasi vani e smarriti, che però gli diventavano cattivi quando aggrottava le sopracciglia e stringeva la bocca larga, dalle labbra molli, violacee. Camminando sulle gambe aperte, si dimenava sul busto e seguiva con la testa e con le braccia l'andatura. Ogni tanto aveva un tic alle corde del collo che gli faceva protendere il mento e tirare in giù gli angoli della bocca.

- [7] Oh, bravo Roccuccio, eccolo qua! - esclamò il padre fregandosi le grosse mani ruvide, piene d'anelli massicci.

[8] Rocco stette un po' a guardare i tre seduti a tavola, poi si buttò sulla prima seggiola presso l'uscio, coi gomiti su le ginocchia, le pugna sotto il mento, i capelli su gli occhi.

- Oh, e àlzati! - riprese il Pentàgora. - T'abbiamo aspettato, sai? Non mi credi? Parola d'onore, fino alle dieci... no, più, più... che ora è? Vieni qua: ecco il tuo posto; apparecchiato, qua, come prima. E chiamò, forte: - Signora Popònica! [...]

[9] Rocco, incuriosito, alzò la testa e brontolò: - Chi è Popònica? - Ah! una signora caduta in bassa fortuna, - rispose allegramente il padre. Vera signora, sai? Da ieri ci fa da serva. Tua zia la protegge. - Romagnola, - aggiunse Niccolino, sommessamente.

[10] Rocco ripiegò la testa sulle mani; e il padre, soddisfatto, si recò pian piano alle labbra il bicchiere ricolmo; lo scoronò con un sorsellino càuto; poi strizzò un occhio a Niccolino e, facendo schioccare la lingua: - Buono! - disse.