FilosofiaScuola Superiore

Abelardo la teoria degli universali

Pubblicato il 18/05/2025
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La disputa sugli universali segna il Medioevo: sono realtà, concetti o nomi? Pietro Abelardo sceglie una via intermedia, attenta al linguaggio e al modo in cui parliamo del mondo.

Il problema degli universali

Il dibattito nasce dall’eredità di Porfirio e Boezio: che cos’è ‘uomo’ rispetto a Socrate e Platone? è una natura unica in molti o solo un nome?

La posta in gioco è teorica e teologica: identità della Trinità, predicazione, scienza del generale.

Tra realismo e nominalismo

Il realismo vede negli universali realtà comuni; il nominalismo li riduce a parole. Abelardo propone il sermon: l'universale è un termine dotato di significato che raccoglie somiglianze tra individui.

Non c’è una ‘umanità’ separata dalle persone, ma un modo corretto di parlare che evita equivoci e falsi problemi.

Significato e riferimento

Il significato non è un’entità fuori dal linguaggio: nasce dall’uso comune e dalle proprietà condivise dagli individui.

Questa posizione anticipa sensibilità logico-linguistiche che nel Novecento diventeranno centrali.

Impatto e controversie

Il metodo dialettico di Abelardo (confronto di auctoritates) suscita resistenze ma educa al pensiero critico entro la tradizione.

La sua via mediana influenzerà scuole universitarie e il modo medievale di tenere insieme fede e ragione.