FilosofiaScuola Superiore

Parmenide essere, pensiero e tracce arcaiche

Pubblicato il 18/05/2025
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Con Parmenide nasce l’ontologia: ciò che è, è; ciò che non è, non è. La via della verità si oppone alla via dell’opinione. Ma nel poema restano tracce di una concezione arcaica del cosmo e delle divinità.

Il proemio del poema e le due vie

Il poema si apre con un viaggio iniziatico che conduce il giovane Parmenide davanti alla Dea. Qui riceve l’insegnamento sulla via della verità (l’essere è) e sulla via dell’opinione (ciò che appare ai mortali).

La distinzione non è solo stilistica: indica due metodi. Alla necessità dell’essere si oppongono i racconti plausibili che organizzano il mondo della nascita e della morte.

Essere e pensiero

L’essere è unico, immutabile, ingenerato, eterno. Pensare e essere coincidono: non si pensa il nulla. Ne deriva una forte critica alla molteplicità e al divenire del mondo apparente.

Questa tesi obbliga la filosofia a giustificare il divenire: da Eraclito ad Aristotele, fino alla scienza moderna.

La sezione dell’opinione

Il poema include una parte doxastica che descrive il cosmo per come appare (luci, elementi, nascita e morte). Qui emergono resti di un linguaggio cosmologico arcaico, forse pedagogico, forse concessione ai mortali.

Il contrasto verità/opinione diventa criterio di metodo: distinguere tra spiegazioni necessarie e racconti plausibili.

Argomenti contro il divenire

Se il divenire implica passaggio dal non essere all’essere, allora è impensabile: del non essere non si può dire nulla. Per questo Parmenide nega nascita e morte come realtà ultime.

La critica costringe i filosofi successivi a ripensare materia, forma, potenza e atto per spiegare il cambiamento senza cadere nel nulla.

Eredità eleatica

L’eleatismo segna la genesi della metafisica occidentale. Anche quando si reintroduce il divenire, resta la richiesta di necessità e coerenza logica.

In scienza, l’esigenza di modelli che non contraddicano i principi primi è una traccia del lascito parmenideo.