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Carducci, Giosuè - Mezzogiorno alpino: versione in prosa e commento

Pubblicato il 25/05/2025
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La poesia 'Mezzogiorno alpino' di Giosuè Carducci, composta nel 1895, rappresenta un perfetto esempio della capacità del poeta di fondere descrizione paesaggistica e riflessione esistenziale. Attraverso la contemplazione di un panorama alpino nella quiete meridiana, Carducci crea un'atmosfera di serena contemplazione che nasconde una sottile meditazione sulla transitorietà del tempo e della vita umana.

Il testo della poesia

La lirica 'Mezzogiorno alpino' presenta una struttura compatta ed equilibrata:

Nel gran cerchio de l'alpi, su 'l granito
Squallido e scialbo, su' ghiacciai candenti,
Regna sereno intenso ed infinito
Nel suo grande silenzio il mezzodì.

Pini ed abeti senza aura di venti
Si drizzano nel sol che gli penètra,
Sola garrisce in picciol suon di cetra
L'acqua che tenue tra i sassi fluì.

Il componimento si articola in due quartine di endecasillabi, con i primi tre versi piani e l'ultimo tronco in ciascuna strofa, creando un ritmo che si conclude con una nota acuta e definitiva.

La struttura metrica e compositiva

La poesia è composta da due quartine di endecasillabi, metro tradizionale della lirica italiana che conferisce solennità e respiro al componimento.

Caratteristica peculiare è la presenza di versi tronchi in chiusura di strofa: 'mezzodì' e 'fluì', che creano un effetto di sospensione e di eco sonora.

Lo schema rimico ABAB nelle due quartine garantisce un andamento musicale equilibrato, mentre la disposizione delle rime tronche enfatizza i momenti culminanti della descrizione.

La cesura presente in molti versi - come in 'Nel gran cerchio de l'alpi, su 'l granito' - conferisce un ritmo pausato che rispecchia la quiete dell'ambiente descritto.

Il paesaggio alpino: descrizione e simbologia

L'ambientazione è quella del gran cerchio de l'alpi, espressione che suggerisce immediatamente l'idea di un panorama imponente e avvolgente. L'aggettivo 'gran' viene ripetuto strategicamente nel verso 'Nel suo grande silenzio'.

Il granito (termine che indica la roccia in senso lato) è connotato dagli attributi 'squallido' e 'scialbo', evocando un paesaggio brullo e privo di vegetazione, con tonalità grigie e opache.

I ghiacciai candenti rappresentano il contrappunto luminoso: l'attributo 'candenti', raro e ricercato, suggerisce un biancore abbagliante che costringe l'osservatore a socchiudere gli occhi per difendersi dal riverbero.

Il mezzogiorno è descritto con tre aggettivi che ne amplificano la presenza: 'sereno' (privo di nubi), 'intenso' (come la potenza del sole), 'infinito' (che si estende oltre i limiti della percezione visiva).

La vita vegetale e l'elemento umano

Nella seconda quartina compare la vegetazione alpina: 'Pini ed abeti senza aura di venti' che 'Si drizzano nel sol che gli penètra'. La mancanza di vento sottolinea l'immobilità assoluta dell'ambiente.

Il sole che 'penètra' attraverso i rami crea un gioco di luci e ombre, trasformando la foresta in un luogo quasi sacro. La forma 'penètra' (invece di 'pènètra') è dovuta alle esigenze della rima con 'cetra'.

L'unico movimento percettibile è quello dell'acqua, che 'garrisce in picciol suon di cetra'. Il verbo 'garrisce', tipico del canto degli uccelli, antropomorfizza l'elemento naturale.

Il ruscelletto rappresenta l'unica presenza dinamica in un paesaggio altrimenti immoto, simboleggiando la continuità della vita anche negli ambienti più impervi.

Il tempo e la transitorietà

Elemento cruciale dell'analisi è l'uso dei tempi verbali: tutti i verbi sono al presente, eccetto l'ultimo 'fluì', al passato remoto.

Questo passaggio temporale ha una valenza simbolica profonda: nel momento in cui il poeta percepisce il suono dell'acqua, questa è già passata oltre, sottolineando la fugacità dell'attimo presente.

L'uso del passato remoto introduce 'un velato tono malinconico', suggerendo che ogni momento, per quanto intenso, è destinato a diventare memoria.

Il piccolo rivolo si contrappone alla maestosità e all'imponenza del ghiacciaio da cui nasce, ricollegandosi simbolicamente al concetto della fragilità della vita umana di fronte all'eternità della natura.

Figure retoriche e musicalità del verso

Il componimento presenta numerose figure retoriche legate al suono, finalizzate a comunicare al lettore le stesse impressioni uditive del poeta.

Le allitterazioni sono costanti: nel primo verso ('gran cerchio', 'granito') e nel quarto ('grande', 'gran'), così come negli aggettivi 'squallido' e 'scialbo'.

Nella seconda quartina troviamo l'allitterazione 'sol'/'sola', che crea un effetto di eco fonica tra gli elementi descritti.

L'enjambement 'granito/Squallido' spezza il verso creando una pausa che mima l'asprezza del paesaggio roccioso.

La sinestesia 'picciol suon di cetra' fonde sensazioni uditive e tattili, rendendo il suono dell'acqua delicato e prezioso come una melodia musicale.

Divisione tematica e progressione descrittiva

La prima quartina si concentra esclusivamente sulle sensazioni visive: il panorama roccioso, il contrasto cromatico tra il grigio del granito e il bianco dei ghiacciai, l'immensità del mezzogiorno.

La seconda quartina può essere suddivisa in due parti: nei primi due versi persistono le sensazioni visive (alberi, raggi di sole), mentre negli ultimi due emergono le sensazioni uditive.

Questa progressione da statico a dinamico, da silenzioso a sonoro, crea un movimento narrativo che culmina nella rivelazione del ruscello.

La simmetria compositiva è rafforzata dalla ripetizione di elementi strutturali: 'gran' all'inizio e nel mezzo, i versi tronchi in chiusura, le allitterazioni distribuite in entrambe le quartine.

Carducci e la poesia paesaggistica

La lirica si inserisce nella tradizione paesaggistica carducciana, che vede nella natura non solo un oggetto di contemplazione estetica, ma anche un veicolo di riflessione esistenziale.

Il realismo descrittivo di Carducci si manifesta nell'attenzione ai dettagli concreti: la qualità della roccia, l'intensità della luce, la texture sonora dell'ambiente.

L'approccio impressionistico anticipa sviluppi della poesia moderna: il poeta non descrive oggettivamente il paesaggio, ma le sensazioni che esso suscita in lui.

La solitudine contemplativa del soggetto poetico riflette una sensibilità tipicamente moderna, che trova nella natura un rifugio dalle inquietudini della vita sociale.

Conclusione

'Mezzogiorno alpino' rappresenta un vertice della poesia paesaggistica carducciana, dove la maestria tecnica si fonde con una sensibilità moderna nel rapporto con la natura. La descrizione del paesaggio alpino diventa occasione per una meditazione sottile sulla dimensione temporale dell'esistenza: l'eternità apparente della natura montana contrasta con la fugacità dell'esperienza umana, simboleggiata dal ruscello che scorre e passa. La perfetta architettura metrica e l'uso sapiente delle figure retoriche creano un'atmosfera di serena contemplazione che nasconde interrogativi esistenziali profondi, confermando Carducci come poeta capace di unire tradizione classica e sensibilità moderna.