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Esilio e identità perduta nella poesia di Ungaretti

Pubblicato il 28/04/2025
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La poesia 'In memoria' di Giuseppe Ungaretti rappresenta una delle composizioni più intense e significative della raccolta 'Il Porto Sepolto', pubblicata nel 1916, e si configura come una meditazione profonda sui temi dell'esilio, dello sradicamento e della perdita dell'identità culturale che caratterizzano non solo l'esperienza biografica dell'autore ma anche la condizione esistenziale dell'uomo moderno. Dedicata all'amico Moammed Sceab, giovane arabo conosciuto durante il soggiorno egiziano che si suicidò a Parigi nel 1913, questa lirica trascende la dimensione puramente commemorativa per diventare una riflessione universale sulla difficoltà di trovare un proprio posto nel mondo quando si è privi di radici stabili e di riferimenti culturali certi. La vicenda tragica dell'amico diventa infatti il pretesto per una più ampia meditazione sulla condizione di coloro che, come lo stesso Ungaretti, hanno vissuto l'esperienza del nomadismo esistenziale, della molteplicità di appartenenze che finisce per trasformarsi in una drammatica assenza di appartenenza, dell'impossibilità di riconoscersi pienamente in una sola tradizione culturale o religiosa. Attraverso l'analisi di questa composizione è possibile cogliere alcuni dei nuclei tematici fondamentali della prima produzione ungarettiana: il senso di estraniamento che deriva dalla condizione di migrante culturale, la ricerca di un'identità originaria perduta che può essere recuperata solo attraverso l'esperienza poetica, la concezione della poesia come strumento di salvezza e di riscatto esistenziale capace di dare voce a un dolore altrimenti inesprimibile. La struttura stessa del componimento, con la sua successione di momenti evocativi che si alternano alla testimonianza diretta del poeta, riflette la complessità di un'esperienza che non può essere ridotta a semplici coordinate biografiche ma che assume una dimensione simbolica e universale. In questo senso, 'In memoria' si colloca perfettamente all'interno della poetica del 'porto sepolto', inteso come spazio metaforico di una verità profonda e sepolta che la parola poetica ha il compito di riportare alla luce, di un'identità autentica che può essere recuperata solo attraverso il processo di scavo interiore che la poesia rende possibile. L'analisi di questa lirica permette quindi di comprendere non solo le dinamiche creative specifiche di Ungaretti ma anche i caratteri più generali di una stagione poetica che fa dell'esperienza dell'esilio e dello spaesamento il punto di partenza per una nuova concezione della parola poetica e del ruolo dell'arte nella società contemporanea.

Il contesto biografico e la dedica a Moammed Sceab

La poesia 'In memoria' si apre con una dedica esplicita all'amico Moammed Sceab, figura che assume un ruolo centrale non solo in questa composizione specifica ma nell'intera raccolta del 'Porto Sepolto' come simbolo della condizione di sradicamento e di perdita di identità che caratterizza l'esperienza esistenziale di Ungaretti e, più in generale, dell'uomo moderno. Moammed era un giovane arabo che Ungaretti aveva conosciuto durante i suoi anni di formazione ad Alessandria d'Egitto, in quel crogiolo di culture e di nazionalità che fu la città mediterranea all'inizio del Novecento.

Il rapporto di amicizia tra i due giovani si sviluppò in un contesto caratterizzato da una mescolanza di tradizioni culturali diverse, dove l'incontro tra Oriente e Occidente, tra mondo arabo e cultura europea, tra tradizione islamica e modernità laica creava situazioni di arricchimento ma anche di profonda confusione identitaria. Moammed rappresentava in questo senso un caso paradigmatico di quella condizione di 'nomadismo culturale' che sarebbe diventata una delle caratteristiche fondamentali della sensibilità novecentesca.

La decisione di Moammed di seguire Ungaretti a Parigi nel 1912 fu dettata dal desiderio di completare la propria formazione intellettuale e di inserirsi pienamente nel mondo della cultura europea, ma questa scelta si rivelò tragica perché lo portò a perdere definitivamente i legami con la propria tradizione d'origine senza riuscire però a costruire una nuova identità stabile nel contesto parigino. La metropoli francese, pur essendo all'epoca il centro mondiale della cultura e dell'arte, si rivelò per il giovane arabo un ambiente ostile e alienante.

Il suicidio del 1913 rappresenta il punto culminante di una crisi identitaria che aveva radici profonde nella impossibilità di conciliare le diverse appartenenze culturali e religiose che costituivano il patrimonio esistenziale di Moammed. La sua morte diventa così, nella lettura che ne dà Ungaretti, il simbolo tragico di tutti coloro che, avendo perduto le proprie radici originarie, non riescono a trovare nuovi punti di riferimento e rimangono sospesi in una terra di nessuno esistenziale e culturale.

La dedica della poesia non è quindi solo un atto di commemorazione personale ma assume il valore di una riflessione più generale sulla condizione dell'intellettuale moderno, costretto a confrontarsi con la molteplicità delle tradizioni culturali senza avere più la sicurezza di appartenenze stabili e definitive. Attraverso la figura dell'amico scomparso, Ungaretti indaga la propria stessa condizione di poeta nomade, di intellettuale sradicato che deve costruire la propria identità attraverso il confronto continuo con culture diverse e spesso incompatibili tra loro.

Lo sradicamento culturale e la perdita di appartenenza

Il nucleo tematico centrale della poesia è rappresentato dalla condizione di sradicamento che caratterizza l'esistenza di Moammed e, per estensione, quella dello stesso Ungaretti e di tutti coloro che hanno vissuto l'esperienza della migrazione culturale e dell'esilio. Questo sradicamento non è solo geografico ma investe la dimensione più profonda dell'identità personale, religiosa e culturale, creando una situazione di profonda instabilità esistenziale che può portare, nei casi più drammatici, alla tragedia del suicidio.

La descrizione della condizione di Moammed mette in evidenza come egli avesse perduto ogni legame autentico tanto con la propria cultura d'origine quanto con quella d'adozione: 'fu Marcel / ma non era Francese / e non sapeva più / vivere / nella tenda dei suoi / dove si ascolta la cantilena / del Corano'. Questa impossibilità di riconoscersi pienamente in una tradizione specifica rappresenta una delle caratteristiche fondamentali della modernità, che ha frantumato le identità tradizionali senza riuscire a costruire nuove forme di appartenenza stabile.

Il cambiamento del nome da Moammed a Marcel simboleggia il tentativo di assimilazione alla cultura europea, ma questo processo di trasformazione identitaria si rivela superficiale e inautentico perché non riesce a radicarsi in una vera conversione interiore. Il nome francese rimane una maschera che non nasconde la sostanziale estraneità del giovane arabo rispetto alla civiltà occidentale, mentre al tempo stesso la distanza dalla propria tradizione d'origine è diventata ormai incolmabile.

La perdita della dimensione religiosa rappresenta uno degli aspetti più drammatici di questo processo di sradicamento. Il riferimento alla 'cantilena del Corano' evoca non solo la dimensione specificamente religiosa dell'Islam ma più in generale quella dimensione di sacralità e di appartenenza comunitaria che caratterizza le società tradizionali. La incapacità di 'vivere nella tenda dei suoi' significa la perdita di quella dimensione comunitaria e rituale che dava senso e orientamento all'esistenza individuale.

L'analisi della condizione di Moammed permette a Ungaretti di riflettere sulla propria esperienza di intellettuale nomade, cresciuto in un ambiente multiculturale come quello di Alessandria d'Egitto e poi trasferitosi in Europa per completare la propria formazione. Anche per il poeta la questione dell'identità culturale si pone in termini problematici: nato in Egitto da genitori italiani, formato nella cultura francese, impegnato come soldato nella Prima Guerra Mondiale per l'Italia, Ungaretti vive sulla propria pelle la difficoltà di definire una appartenenza stabile e definitiva.

La poesia diventa quindi il mezzo attraverso il quale dare voce a questa condizione di spaesamento e di ricerca identitaria, trasformando il dolore personale e la perdita in materia di riflessione universale. Attraverso l'esperienza poetica, ciò che era vissuto come frammentazione e perdita può essere ricomposto in una nuova forma di unità, non più basata sull'appartenenza a una tradizione specifica ma sulla capacità di attraversare e di abitare poeticamente la molteplicità delle esperienze culturali.

Il paesaggio urbano come correlativo della solitudine

La descrizione del funerale di Moammed si sviluppa attraverso l'evocazione di un paesaggio urbano caratterizzato da squallore e desolazione, che diventa il correlativo oggettivo della condizione di solitudine esistenziale in cui il giovane arabo aveva vissuto i suoi ultimi anni parigini. La metropoli moderna, pur essendo il luogo della civiltà e del progresso, si rivela incapace di offrire quella dimensione di accoglienza e di calore umano che può alleviare la sofferenza dell'esilio e dello sradicamento.

L'ambientazione parigina del dramma esistenziale di Moammed non è casuale ma riflette la condizione tipica delle grandi metropoli europee del primo Novecento, caratterizzate da una crescente industrializzazione e urbanizzazione che trasforma i rapporti umani e crea nuove forme di alienazione sociale. Parigi, pur essendo la 'ville lumière' e il centro mondiale della cultura artistica e letteraria, si rivela per molti immigrati e intellettuale stranieri un ambiente freddo e impersonale.

La descrizione dello 'squallido paesaggio urbano' in cui si svolge il funerale dell'amico mette in evidenza il contrasto stridente tra la dimensione pubblica della cerimonia funebre e la sostanziale indifferenza dell'ambiente circostante. La città moderna non offre più quegli spazi di condivisione comunitaria del dolore che caratterizzavano le società tradizionali, e la morte diventa un evento privato e solitario che non trova eco nella vita collettiva.

L'immagine della 'solitudine desolata' che emerge dalla descrizione del funerale riflette non solo la specifica condizione di Moammed ma più in generale la situazione esistenziale dell'individuo moderno, costretto a confrontarsi con le grandi questioni dell'esistenza senza il supporto di una comunità stabile e di tradizioni condivise. La metropoli, che dovrebbe rappresentare il luogo dell'incontro e dello scambio tra culture diverse, si trasforma paradossalmente nello spazio dell'isolamento e dell'incomunicabilità.

La scelta di ambientare la tragedia dell'amico in questo contesto urbano permette a Ungaretti di allargare la riflessione dalla dimensione biografica individuale a quella più generale della condizione umana nella modernità. La morte di Moammed diventa così simbolica di tutte le morti per alienazione e sradicamento che caratterizzano la vita nelle grandi città, dove la perdita delle radici tradizionali non è compensata dalla costruzione di nuove forme di solidarietà e di appartenenza.

Il paesaggio urbano descritto nella poesia anticipa molti dei temi che saranno poi sviluppati dalla letteratura novecentesca nella rappresentazione della metropoli come luogo di alienazione e di perdita di senso. Tuttavia, in Ungaretti questa dimensione critica nei confronti della modernità urbana non si traduce mai in una condanna totale ma piuttosto nella ricerca di strategie poetiche che permettano di abitare poeticamente anche gli spazi più ostili e desolati della contemporaneità.

La testimonianza poetica e il valore della memoria

Uno degli aspetti più significativi della poesia 'In memoria' è rappresentato dal ruolo testimoniale che il poeta assume nei confronti della vicenda dell'amico scomparso. La notazione precisa del luogo ('l'albergo') in cui i due giovani avevano condiviso un periodo della loro esistenza parigina non è solo un dettaglio biografico ma assume il valore di una testimonianza esistenziale che vuole impedire che la memoria di Moammed cada nell'oblio totale.

La funzione della testimonianza poetica si configura come un tentativo di restituire dignità e significato a un'esistenza che il mondo contemporaneo ha respinto e dimenticato. Di fronte all'indifferenza della metropoli moderna, che cancella rapidamente le tracce di coloro che non riescono a inserirsi nei suoi meccanismi, la parola poetica si propone come l'unico strumento capace di preservare la memoria degli emarginati e degli sradicati.

L'insistenza sui dettagli concreti (l'albergo, la strada, il quartiere parigino) rivela la volontà di ancorare il ricordo dell'amico a coordinate spaziali precise, come se la specificità del luogo potesse garantire la sopravvivenza della memoria oltre la morte fisica. Questa strategia poetica riflette la convinzione ungarettiana che la poesia abbia il compito di salvare dall'oblio non solo i grandi eventi della storia ma anche le esistenze apparentemente insignificanti di coloro che hanno vissuto il dramma dello sradicamento e dell'esilio.

La testimonianza poetica assume inoltre il valore di un atto di solidarietà con tutti coloro che hanno vissuto o vivono esperienze simili a quella di Moammed. Attraverso la commemorazione dell'amico, Ungaretti dà voce a una condizione esistenziale che riguarda molti intellettuali e migranti del Novecento, costretti a confrontarsi con la perdita delle identità tradizionali e con la difficoltà di costruire nuove forme di appartenenza.

Il valore etico della testimonianza poetica si manifesta nella convinzione che nessuna esistenza umana, per quanto apparentemente fallimentare, debba essere completamente dimenticata. La poesia diventa così lo strumento attraverso il quale restituire dignità alle vite spezzate, trasformando il dolore individuale in materia di riflessione universale e impedendo che la tragedia dell'esilio e dello sradicamento rimanga un'esperienza puramente privata e ineffabile.

L'atto testimoniale compiuto dal poeta non si limita alla dimensione commemorativa ma assume anche una funzione profetica, nel senso che anticipa e denuncia quelle dinamiche di esclusione e di emarginazione che caratterizzeranno sempre più la società moderna. La vicenda di Moammed diventa così paradigmatica di tutti i drammi legati all'impossibilità di trovare un proprio posto nel mondo, tematica che attraverserà tutto il Novecento e arriverà fino alla contemporaneità con il fenomeno delle migrazioni globali e delle identità ibride.

Il parallelismo esistenziale tra Moammed e Ungaretti

La parte conclusiva della poesia sviluppa un parallelismo esplicito tra la vicenda esistenziale di Moammed e quella dello stesso Ungaretti, rivelando come entrambi abbiano condiviso la condizione di 'nomadi ed esiliati' e la difficoltà di definire una propria identità stabile in un mondo caratterizzato dalla molteplicità delle appartenenze culturali. Questo parallelismo non è solo biografico ma assume una dimensione simbolica che permette di allargare la riflessione alla condizione generale dell'intellettuale moderno.

L'esperienza del nomadismo rappresenta una delle caratteristiche fondamentali della biografia ungarettiana: nato in Egitto da genitori italiani, formato nella cultura francese, combattente per l'Italia nella Prima Guerra Mondiale, il poeta ha vissuto sulla propria pelle la difficoltà di definire un'appartenenza nazionale e culturale univoca. Come Moammed, anche Ungaretti ha dovuto confrontarsi con la molteplicità delle tradizioni culturali senza avere la sicurezza di radici stabili e definitive.

La ricerca dell'identità costituisce il filo conduttore che unisce le due esistenze, ma mentre Moammed non è riuscito a trovare una soluzione al proprio dramma esistenziale, Ungaretti ha scoperto nella poesia uno strumento di salvezza e di riscatto. La parola poetica diventa per lui il mezzo attraverso il quale trasformare la condizione di sradicamento da elemento di sofferenza e di alienazione in fonte di ricchezza espressiva e di apertura verso l'universale.

Il ruolo salvifico della poesia emerge con particolare chiarezza dal confronto tra i due destini: mentre l'amico arabo non ha trovato nella cultura europea gli strumenti per elaborare la propria condizione di esilio e per trasformarla in materia di crescita interiore, Ungaretti ha fatto della poesia il luogo in cui è possibile abitare poeticamente la molteplicità delle esperienze culturali senza essere schiacciati dalle contraddizioni che esse comportano.

La differenza fondamentale tra i due percorsi esistenziali risiede nella capacità di Ungaretti di trasformare il dolore dell'esilio in materia poetica, di dare voce attraverso la parola a quella condizione di spaesamento che altrimenti rimane inesprimibile e distruttiva. La poesia diventa così il luogo in cui è possibile riconciliare le diverse appartenenze culturali, non attraverso una sintesi forzata ma attraverso la capacità di attraversare poeticamente le diverse tradizioni mantenendone la ricchezza e la specificità.

L'identificazione con la vicenda dell'amico permette a Ungaretti di riflettere sulle proprie strategie di sopravvivenza esistenziale e di celebrare, indirettamente, il ruolo della poesia come strumento di salvezza per tutti coloro che vivono la condizione di sradicamento e di esilio. La morte di Moammed diventa così non solo un evento tragico da commemorare ma anche l'occasione per affermare la funzione liberatrice dell'arte e della parola poetica nella società contemporanea.

Il parallelismo esistenziale sviluppato nella poesia anticipa molte delle tematiche che saranno poi centrali nella riflessione novecentesca sull'identità e sull'appartenenza culturale. La condizione di 'nomadi ed esiliati' che accomuna Moammed e Ungaretti diventa paradigmatica della situazione dell'intellettuale moderno, costretto a navigare tra culture diverse senza avere più la sicurezza di appartenenze stabili e definitive.

Conclusione

L'analisi di 'In memoria' rivela come questa composizione rappresenti molto più di una semplice commemorazione di un amico scomparso, configurandosi invece come una meditazione profonda sui temi dell'esilio, dello sradicamento e della perdita di identità che caratterizzano la condizione esistenziale dell'uomo moderno. Attraverso la vicenda tragica di Moammed Sceab, Ungaretti è riuscito a dare forma poetica a una delle problematiche più centrali del Novecento: la difficoltà di definire una propria identità in un mondo caratterizzato dalla molteplicità delle appartenenze culturali e dalla perdita delle tradizioni stabili. La forza di questa poesia risiede nella capacità di trasformare un evento biografico particolare in materia di riflessione universale, facendo della morte dell'amico arabo il simbolo di tutti i drammi legati all'impossibilità di trovare un proprio posto nel mondo. Il parallelismo tra le due esistenze, quella di Moammed e quella del poeta, permette di mettere in evidenza il ruolo salvifico che la poesia può svolgere per coloro che vivono la condizione di sradicamento: mentre l'amico non è riuscito a trovare nella cultura europea gli strumenti per elaborare la propria condizione di esilio, Ungaretti ha fatto della parola poetica il luogo in cui è possibile abitare creativamente la molteplicità delle esperienze culturali. La testimonianza poetica assume così una funzione etica oltre che estetica, restituendo dignità a un'esistenza che il mondo contemporaneo aveva respinto e dimenticato, e affermando la responsabilità dell'arte nei confronti degli emarginati e degli esclusi. Il valore di 'In memoria' nella produzione ungarettiana è fondamentale perché in questa composizione si delineano molti dei temi e delle strategie espressive che caratterizzeranno l'intera parabola poetica dell'autore: la concezione della poesia come strumento di scavo interiore e di recupero di un'identità autentica, l'attenzione per le esistenze spezzate e per i drammi dell'emarginazione sociale, la capacità di trasformare il dolore personale in materia di riflessione universale. Inoltre, questa lirica anticipa molte delle problematiche che saranno poi centrali nella letteratura novecentesca e contemporanea: i temi dell'identità ibrida, del multiculturalismo, delle migrazioni globali, della difficoltà di definire appartenenze stabili in un mondo sempre più interconnesso ma anche sempre più frammentato. In questo senso, 'In memoria' si configura come una delle composizioni più profetiche della prima stagione ungarettiana, capace di cogliere e di dare forma poetica a dinamiche sociali e culturali che sarebbero diventate sempre più centrali nel corso del secolo.