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La filologia italiana nel XIX secolo: Del Lungo, D'Ancona e la rivoluzione metodologica

Pubblicato il 22/05/2025
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L'evoluzione della filologia italiana nel XIX secolo rappresenta uno dei capitoli più significativi nella storia degli studi letterari nazionali. Il 1870 segna un momento di svolta decisivo con la scoperta di Girolamo Vitelli che smaschera le false 'Carte di Arborèa', dando avvio a una nuova stagione metodologica caratterizzata dal rigore scientifico e dall'approccio critico-storico di studiosi come Isidoro Del Lungo e Alessandro D'Ancona.

La scoperta rivoluzionaria di Girolamo Vitelli

Nel 1870, un evento apparentemente limitato alla ricerca erudita assume proporzioni di vera e propria rivoluzione metodologica nel campo degli studi filologici italiani. Girolamo Vitelli, grecista pisano spinto dall'incoraggiamento di Alessandro D'Ancona, dimostra in modo inconfutabile la falsità delle cosiddette 'Carte di Arborèa', documenti che pretendevano di attestare l'esistenza di poesie e prose sarde, latine e toscane risalenti agli inizi del XII secolo.

Queste carte erano state accolte con entusiasmo da una parte del mondo accademico perché sembravano risolvere una questione nazionale di grande rilevanza: la presunta nascita tardiva della cultura volgare italiana rispetto a quella di altri paesi europei. La smentita di Vitelli spegne definitivamente questa illusione consolatoria, ma al contempo inaugura una fase di maggiore maturità critica negli studi filologici.

L'episodio assume un significato che va ben oltre la questione specifica delle carte sarde: esso rappresenta il trionfo definitivo della Scuola Storica contro i metodi antiquati e spesso acritici dei vecchi letterati. Da questo momento in poi, la filologia italiana si caratterizzerà per un approccio rigorosamente scientifico, fondato sulla verifica documentaria e sull'analisi critica delle fonti.

Il dibattito sull'autenticità dei testi: il caso Dino Compagni

Sulla scia dell'episodio delle Carte di Arborèa, prendono vigore altre discussioni fondamentali sull'autenticità di testi cruciali della letteratura italiana antica. Il caso più emblematico è rappresentato dalla disputa sulla 'Cronica' di Dino Compagni, che divide il mondo accademico in due schieramenti contrapposti.

Da una parte si collocano eruditi come Fanfani, Arlìa e Grion, che considerano la Cronica una contraffazione cinque-seicentesca, opera di falsari di basso profilo che avrebbero voluto arricchire artificiosamente il patrimonio della letteratura medievale italiana. Dall'altra parte si schierano l'Accademia della Crusca e, in modo particolare, Isidoro Del Lungo, che difende strenuamente l'autenticità dell'opera ritenendola un autentico capolavoro storiografico del Trecento.

Del Lungo, per dimostrare la validità della sua tesi, si impegna in un'opera monumentale di ricerca che culmina nella pubblicazione di due ampi volumi dedicati interamente alla questione. Questo lavoro rappresenta un esempio paradigmatico del nuovo metodo filologico, fondato sull'analisi sistematica delle fonti, sul confronto stilistico e linguistico, e sulla ricostruzione del contesto storico-culturale.

La concezione metodologica di Del Lungo e della scuola fiorentina

Per Isidoro Del Lungo, così come per altri protagonisti della rinnovazione filologica italiana quali Adolfo Bartoli, Giosuè Carducci e Alessandro D'Ancona, la filologia non costituisce un'attività fine a se stessa, ma rappresenta un'operazione preliminare ineliminabile per ogni seria ricerca letteraria. Secondo questa concezione, il lavoro filologico deve necessariamente precedere e fondare qualsiasi indagine di carattere storico o estetico.

Questa metodologia implica un approccio rigorosamente scientifico al testo letterario: prima di poter formulare giudizi critici o interpretazioni storiche, è indispensabile stabilire l'autenticità del documento, ricostruirne la tradizione manoscritta, fissarne l'edizione critica. Solo dopo aver completato questo lavoro preparatorio, il testo può essere valorizzato attraverso indagini storiche e letterarie.

La scuola fiorentina, di cui Del Lungo è uno dei massimi rappresentanti, si caratterizza dunque per un equilibrio tra rigore metodologico e interesse per la valorizzazione culturale dei testi. Non si tratta di un filologismo fine a se stesso, ma di una filologia al servizio della comprensione storica e dell'apprezzamento estetico della letteratura italiana.

Alessandro D'Ancona e la fondazione degli studi sulla poesia popolare

Alessandro D'Ancona rappresenta forse la figura più innovativa e scientificamente matura di questa stagione filologica. La sua attività di ricerca si distingue per la capacità di coniugare il rigore metodologico con l'apertura verso nuovi campi di indagine, fino ad allora trascurati dalla tradizione erudita italiana.

Il contributo più significativo di D'Ancona è rappresentato dal volume 'Poesia popolare italiana', pubblicato nel 1878. Quest'opera non si limita a essere un semplice trattato estetico o filologico, ma si configura come uno studio complessivo sulle origini della poesia popolare italiana e sulle sue complesse relazioni con la tradizione poetica colta. Per la prima volta, la cultura popolare viene considerata degna di attenzione scientifica e di analisi rigorosa.

D'Ancona applica ai materiali della tradizione popolare gli stessi metodi critici utilizzati per i testi della letteratura colta, aprendo così un nuovo capitolo negli studi filologici. La sua ricerca dimostra che anche la cultura 'bassa' può essere oggetto di indagine scientifica, purché sia affrontata con strumenti metodologici adeguati.

La teoria dell'incontro tra cultura popolare e colta

Una delle intuizioni più feconde di D'Ancona riguarda l'individuazione della Firenze del Due-Trecento come luogo privilegiato di incontro tra 'l'umile Musa del popolo e quella dei dotti'. Secondo la sua ricostruzione, il 'Comune ordinato a popolo' fiorentino ha creato le condizioni ideali per un fecondo scambio culturale tra tradizione popolare e letteratura d'arte.

In questo contesto sociale e politico, caratterizzato da una relativa democratizzazione della vita civile, 'il popolo educava il poeta a gentilezza di ispirazioni, e il poeta avvivava l'arte alle fonti perenni del sentimento popolare'. Questa simbiosi culturale spiega, secondo D'Ancona, alcune delle caratteristiche più originali della letteratura italiana delle origini.

Il legame tra cultura popolare e colta si attenua nel passaggio tra Trecento e Quattrocento, per poi riemergere con Lorenzo il Magnifico, che 'per blandire la plebe, riamicò le Muse col sentimento popolare'. Questa periodizzazione offre una chiave interpretativa originale per comprendere l'evoluzione della letteratura italiana medievale e rinascimentale.

La geografia letteraria italiana: dalla Sicilia alla Toscana

D'Ancona fornisce anche un contributo fondamentale alla comprensione della geografia letteraria italiana, individuando nella Sicilia il centro primitivo di produzione poetica e nella Toscana la patria di adozione e il luogo di irraggiamento verso le altre regioni. Questa ricostruzione si basa su un'analisi attenta dei documenti disponibili e su una metodologia comparativa innovativa per l'epoca.

La teoria di D'Ancona sulla diffusione geografica della poesia italiana si fonda sull'idea che la produzione letteraria segua percorsi specifici di trasmissione culturale, legati alle condizioni storiche, sociali e politiche delle diverse aree della penisola. La Sicilia federiciana rappresenta il momento genetico, mentre la Toscana comunale costituisce il momento della maturazione e della diffusione.

Questa impostazione geografico-storica influenzerà profondamente gli studi successivi sulla letteratura italiana delle origini, fornendo una griglia interpretativa che si rivelerà particolarmente feconda per la comprensione dei fenomeni di trasmissione e trasformazione culturale.

L'evoluzione dell'attività di D'Ancona e la diversificazione degli studi

Negli anni successivi alla pubblicazione della 'Poesia popolare italiana', D'Ancona diversifica progressivamente la sua attività di ricerca, abbandonando lo studio delle origini per dedicarsi al recupero letterario degli ultimi due secoli e alla ricerca su temi più remoti e, secondo la definizione dell'epoca, 'stravaganti'.

Questa evoluzione include l'interesse per la memorialistica di viaggio, un campo di studi che D'Ancona contribuisce a fondare in Italia. Anche in questo caso, il suo approccio si caratterizza per il rigore metodologico e l'attenzione alla contestualizzazione storica, applicando ai materiali memorialistici gli stessi criteri scientifici utilizzati per i testi letterari canonici.

La diversificazione degli interessi di D'Ancona riflette una caratteristica più generale della filologia italiana del secondo Ottocento: la tendenza a espandere progressivamente il proprio campo di indagine, includendo materiali e generi letterari precedentemente trascurati dalla tradizione erudita.

L'eredità metodologica della generazione del 1870

La lezione metodologica della generazione filologica del 1870 si rivelerà duratura e influente per tutto lo sviluppo successivo degli studi letterari italiani. Il principio fondamentale stabilito da questi studiosi - la necessità di una rigorosa preparazione filologica come premessa indispensabile per ogni ricerca storica e critica - diventerà un caposaldo della ricerca umanistica italiana.

Allo stesso tempo, l'apertura verso nuovi campi di indagine, esemplificata dal lavoro di D'Ancona sulla poesia popolare, segna l'inizio di una concezione più ampia e inclusiva degli studi letterari. La cultura nella sua totalità, e non solo le sue manifestazioni più elevate, diventa oggetto legittimo di ricerca scientifica.

L'equilibrio tra rigore metodologico e apertura tematica, caratteristico della scuola filologica italiana del tardo Ottocento, costituisce forse il contributo più duraturo di questa stagione di studi. Questo modello influenzerà profondamente la formazione dell'italianistica come disciplina scientifica autonoma.

Conclusione

La rivoluzione filologica italiana del 1870 segna una svolta decisiva negli studi letterari nazionali, introducendo criteri di rigore scientifico e metodologie innovative che trasformeranno radicalmente l'approccio ai testi del passato. Figure come Del Lungo e D'Ancona non si limitano a perfezionare gli strumenti della ricerca erudita, ma aprono nuovi orizzonti tematici e metodologici che arricchiscono definitivamente il panorama degli studi umanistici italiani. La loro lezione continua a influenzare la ricerca contemporanea, dimostrando la vitalità e l'attualità di un approccio che sa coniugare rigore scientifico e sensibilità culturale.